Ai corpi e alla loro continua evoluzione è stato dedicato il Tempo delle Donne 2019, l'evento curato e realizzato dal Corriere della Sera, dal 13 al 15 settembre in Triennale, a Milano. Quest'anno ci si è chiesto, con tutto il corpo, chi siamo diventati e chi potremmo diventare. Il tema è stato affrontato da due punti di vista. Il primo è filosofico: siamo sempre più consapevoli di come la nostra unione di mente e corpo sia oggetto (anzi: soggetto!) di una continua metamorfosi. E la metamorfosi porta con sé l’accettazione dell’imperfezione. Non esiste un codice unico di comportamento come non esiste un ideale superiore di bellezza e di forza: siamo tutti portatori di difetti, e dunque unici, e dunque perfetti. Il secondo si lega alla tecnologia: muovendo dal futuro che è già tra noi (macchine intelligenti, social, chip sottopelle, protesi) per capire come cambieranno i nostri corpi e, con loro, la nostra anima o psiche.
Mi è stato chiesto di partecipare al dibattito in due momenti, entrambi il 14 settembre. Il primo all'interno del contenitore NEXT, dove medicina ed etica si sono confrontati sul presente e sul futuro della cura. Il secondo all'interno di GARAGE, dove mi è stato chiesto di raccontare una visione del futuro.
Per entrambi gli eventi, dovendo parlare di futuro, corpi e tecnologia, mi sono dovuto interrogare su cosa significhi fare scelte etiche; su che cosa ci possa far dire che il progresso tecnologico sia una fonte di bene e, infine, cosa ci permette di guardare al futuro con speranza, cioè con un desiderio di vita e tempo che sappia accompagnarci verso il domani.
Per rispondere a questa questione di fondo è necessario stabilire una differenza fondamentale tra progresso e sviluppo.
Guardando alla tecnologia, il progresso indica un avanzamento o una trasformazione graduale contrassegnati da un sempre maggiore aumento di capacità e potenzialità. Il progresso, invece, è semplicemente un aumento tecnico della capacità.
Una bomba atomica rispetto a una clava è un enorme progresso (nella capacità di offendere).
Ma possiamo definire questo incremento come un bene?
Al di là dello specifico esempio, la risposta corretta, in generale, è "dipende". Non tutti i progressi sono nel bene o per il bene o comportano solo del bene.
Per poter parlare di un progresso come bene abbiamo bisogno di una qualifica che sia in grado di descrivere come e quali caratteristiche del progresso contribuiscano al bene dei singoli e della società. Per questo si utilizza la categoria dello sviluppo. L'idea di sviluppo umano porta l’attenzione su un concetto di ampia portata che si concentra su quei processi che espandono le possibilità di scelta degli individui e che migliorano le loro prospettive di benessere e che consentono ai singoli e ai gruppi di procedere il più speditamente possibile verso il loro potenziamento.
Lo sviluppo umano è da intendersi, quindi, come un fine e non come un mezzo che caratterizza il progresso definendo delle priorità e dei criteri. Parlare di sviluppo significa, quindi, non mettere la capacità tecnica al centro dell'attenzione bensì tenere l'uomo al centro della riflessione e come fine che qualifica il progresso.
Fare scelte etiche oggi non significa obbedire a decisioni altrui, bensì cercare di trasformare il progresso in sviluppo. Significa indirizzare la tecnologia verso e per lo sviluppo e non semplicemente cercare un progresso fine a se stesso. Sebbene non sia possibile pensare e realizzare la tecnologia senza delle forme di razionalità specifiche (il pensiero tecnico e scientifico), porre al centro dell'interesse lo sviluppo significa dire che il pensiero tecnico-scientifico non basta a se stesso. Servono diversi approcci complementari. Servono diverse discipline. Serve anche il contributo di quello che si chiamano, in inglese, le humanities.
Ma che caratteristiche deve avere questo sviluppo? Ritengo debba essere:
Globale, ovvero per tutte le donne e per tutti gli uomini e non solo di qualcuno o di qualche gruppo (distinto peresso di genere, lingua o etnia)
Integrale, ovvero di tutta la donna e di tutto l'uomo
Plurale, ovvero attento al contesto sociale in cui viviamo, rispettoso della pluralità umana e delle diverse culture
Fecondo, ovvero capace di porre le basi per le future generazioni, invece che miope e diretto all'utilizzo delle risorse dell'oggi senza mai guardare al futuro
Gentile, ovvero rispettoso della terra che ci ospita (la casa comune), delle risorse e di tutte le specie viventi
Per la tecnologia e per il nostro futuro abbiamo bisogno di uno sviluppo che sinteticamente vorrei definire gentile. L'etica è questo e le scelte etiche sono quelle che vanno nella direzione dello sviluppo gentile.
Ma come realizzare questo sviluppo gentile?
La condizione che viviamo, ovvero la condizione umana (che in alcuni testi ho definito come condizione tecno-umana per cercare di illuminare la nostra relazione con gli artefatti tecnologici) ci spinge e ci chiede di mettere in atto un percorso preciso:
Prendere coscienza delle trasformazioni in atto
Pretendere dai "decisori" (politici, economici, sociali...) di tenere "l'umano al centro": lo sviluppo gentile deve essere modello, ispirazione e meta
Agire in prima persona
La tecnologia ci spinge a decisioni urgenti. L'etica ci impone di pretendere e realizzare lo sviluppo gentile. Ora tocca a noi.