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Immagine del redattorePaolo Benanti

Fase 2: datifichiamo le fogne per convivere con COVID-19

Sempre di più emerge la sfida più grande del COVID-19: "come gestire la cosiddetta Fase 2 ossia la convivenza con il virus SARS-CoV-2?". Una delle risposte è nell'utilizzo dei dati e molto si discute su come gestire questa il conflitto tra privacy e bene comune. La cosiddetta Fase 2 non può essere gestita solo con il ricorso ai dati personali ma dovrà utilizzare tutti i dati. Proviamo qui, grazie a un interessante articolo uscito su Nature, ad allargare l'orizzonte. Si tratta di acquisire tutto ciò che in forma aggregata possa essere datificato per convivere con agilità e rapidità con il virus, come, ad esempio, le acque reflue delle città. Questo studio ci permette di iniziare a costruire un framework di riflessione su quale ecosistema di dati serve per convivere in maniera più sicura con COVID-19.


 

Più di una dozzina di gruppi di ricerca in tutto il mondo hanno iniziato ad analizzare le acque reflue alla ricerca del nuovo coronavirus come un modo per stimare il numero totale di infezioni in una comunità, dato che la maggior parte delle persone non sarà sottoposta a test. Il metodo, secondo i ricercatori, potrebbe anche essere usato per rilevare se e quando il coronavirus dovesse ritornare nelle comunità. Finora, i ricercatori hanno trovato tracce del virus nelle acque reflue dei Paesi Bassi, degli Stati Uniti e in Svezia.



L'analisi delle acque reflue - acqua utilizzata che passa attraverso il sistema di drenaggio verso una struttura di trattamento - è un modo in cui i ricercatori possono rintracciare le malattie infettive che vengono escrete nelle urine o nelle feci, come SARS-CoV-2.


Un impianto di trattamento può catturare acque reflue da oltre un milione di persone, afferma Gertjan Medema, un microbiologo del KWR Water Research Institute di Nieuwegein nei Paesi Bassi. Il monitoraggio accurato su questa scala potrebbe fornire stime migliori di quanto sia diffuso il coronavirus rispetto ai tamponi attualmente in uso. Questo perché la sorveglianza delle acque reflue può intercettare coloro che non sono stati testati e hanno solo sintomi lievi o sono asintomatici. Questo è quello che sostiene Medema, che ha rilevato tracce genetiche di materiale legato a SARS-CoV-2 - RNA virale - in diversi impianti di trattamento nei Paesi Bassi.


Gli scienziati hanno trovato tracce del coronavirus in diversi impianti di trattamento delle acque reflue nei Paesi Bassi.


Secondo il microbiologo belga: "Le autorità sanitarie stanno vedendo solo la punta dell'iceberg".


Ma per quantificare la scala dell'infezione in una popolazione dai campioni di acque reflue, i ricercatori dicono che i gruppi dovranno scoprire quanto RNA virale viene secreto nelle feci ed estrapolare il numero di persone infette in una popolazione dalle concentrazioni di RNA virale nei campioni di acque reflue .


I ricercatori dovranno anche assicurarsi di guardare un campione rappresentativo del refluo della popolazione e non solo un'istantanea nel tempo. Inoltre dovranno essere certi che i loro test possano rilevare il virus a bassi livelli come sostengono gli scienziati che rappresentano l'Alleanza per l'ambiente del Queensland Health Sciences in Australia, un centro di ricerca che fornisce consulenza al governo sui rischi per la salute ambientale.


La cosa che sembra veramente notevole e importante è che la sorveglianza delle acque reflue, qualora sia fattibile, non toglie risorse ai test sugli individui, afferma il gruppo.



Alcuni di questi sforzi per monitorare il virus sono stati bloccati perché al momento ci troviamo in un contesto in cui i centri universitari e i laboratori sono bloccati e abbiamo una limitata disponibilità di reagenti per condurre i test - gli stessi utilizzati nelle cliniche, che sono già scarsi. Queste sono le ragioni che Kyle Bibby, un ingegnere ambientale dell'Università di Notre Dame in Indiana ricorda concludendo che, come ricercatori, "Non vogliamo contribuire alla carenza globale".


Abbiamo bisogno di un segnale di avvertimento


Le misure di controllo delle infezioni, come il distanziamento sociale, probabilmente sopprimeranno l'attuale pandemia, ma il virus potrebbe tornare dopo che tali misure sono state revocate. La sorveglianza di routine delle acque reflue potrebbe essere utilizzata come strumento di allerta precoce non invasivo per allertare le comunità sulle nuove infezioni da COVID-19.


Questa è la tesi di Ana Maria de Roda Husman, ricercatrice di malattie infettive presso l'Istituto nazionale olandese per la salute pubblica e l'ambiente a Bilthoven. L'istituto ha precedentemente monitorato le acque reflue per rilevare focolai di norovirus, batteri resistenti agli antibiotici, poliovirus e morbillo.


Il gruppo di de Roda Husman ha rilevato tracce di SARS-CoV-2 nelle acque reflue dell'aeroporto di Schiphol a Tilburg solo quattro giorni dopo che i Paesi Bassi hanno confermato il loro primo caso di COVID-19 usando test clinici. I ricercatori hanno ora in programma di estendere il campionamento alle capitali di tutte le 12 province dei Paesi Bassi e di altri 12 siti che non hanno avuto casi confermati.



Il gruppo di Medema ha trovato RNA virale nella città di Amersfoort prima che fossero state segnalate infezioni nella comunità.


Gli studi hanno anche dimostrato che la SARS-CoV-2 può comparire nelle feci entro tre giorni dall'infezione, che è molto prima del tempo impiegato normalmente dalle persone per sviluppare sintomi abbastanza gravi da poter cercare cure ospedaliere - tempi che vanno fino a due settimane - e ottenere una diagnosi ufficiale, afferma Tamar Kohn, un virologo ambientale presso l'Istituto Federale Svizzero di Tecnologia di Losanna.


Il monitoraggio delle particelle virali nelle acque reflue potrebbe dare ai funzionari della sanità pubblica un vantaggio decisivo nel decidere se introdurre misure come i blocchi. Da sette a dieci giorni possono fare molta differenza nel contenere la gravità di un eventuale focolaio.


L'identificazione precoce dell'arrivo del virus in una comunità potrebbe limitare i danni alla salute e ai danni economici causati da COVID-19, specialmente se il virus tornerà in futuro o se la curva dei contagi dovesse conoscere un continuo andamento sinusoidale.


Il monitoraggio delle acque reflue è stato utilizzato per decenni per valutare il successo delle campagne di vaccinazione contro il poliovirus, afferma Charles Gerba, un microbiologo ambientale presso l'Università dell'Arizona a Tucson. L'approccio potrebbe anche essere usato per misurare l'efficacia di interventi come il distanziamento sociale, afferma Gerba, che ha trovato tracce di SARS-CoV-2 nei liquami grezzi di Tucson.



Il caso dell acque reflue sembra quanto mai interessante per una serie di motivi che provo qui a sintetizzare:


1) ci dimostra che la questione dati e digitale non è centrata solo su quelli personali e così facendo ci invita a smarcarci da discorsi accentrati solo sul conflitto tra privacy e bene comune;


2) abbiamo bisogno di vedere i dati nella loro valenza per un'analisi granulometrica ma anche per il loro valore aggregato come dimostra l'uso delle acque reflue;


3) ci invita a compiere delle "contaminazioni" (ci si perdoni il termine) tra competenze e discipline, serve una soluzione globale e per implementarla servono competenze globali e spazi che sappiano far dialogare le discipline;


4) la datificazione delle acque reflue mostra che nel processo di monitoraggio e controllo digitale che possiamo mettere in atto per gestire la fase 2 dobbiamo fare un out-of-the-box thinking o divergent thinking: quello che nel processo di urbanizzazione fin'ora è stato capito come inutile, un sottoprocesso della convivenza o di scarto deve essere ora guardato con occhi nuovi;


5) abbiamo bisogno di pensare come e dove inserire device e sensori che possano datificare i flussi e fornirci non solo fotografie istantanee ma anche le variazioni continue.


Infine ricordiamoci che i dati di cui abbiamo bisogno devono corrispondere allo standard delle 5V: volume, velocità, varietà, veridicità e variabilità. Perché questo sia possibile oltre le scienze biologiche e mediche, oltre le scienze informatiche, abbiamo bisogno di discipline del senso come l'etica. Solo un'approccio etico ci saprà dire come discernere tra valori in tensione tra loro (privacy e tutela della collettività) secondo direttrici di giustizia.

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